La madeleine sui Navigli

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Ogni luogo porta con sé un segreto: la propria storia. Un vissuto a volte facile da decifrare grazie alla presenza di un segno distintivo, un fregio, un simbolo del passato che ne smaschera la natura più intima. In alcuni casi, invece, è necessario investigare con attenzione per scovare quello più nascosto, apparentemente inaccessibile, quasi pudico e ritroso agli sguardi altrui. Puoi giungere a disseppellirne l’anima celata ma solo entrandone in totale empatia.

Un po’ come la poesia emanata da alcuni film degli anni ’70, in cui la città, Milano in questo caso, rappresenta la perfetta scenografia a corredo della narrazione.
Infatti, il bilocale in zona Navigli di cui andiamo a raccontare la “trama”, è (e resterà) idealmente legato, sospeso tra finzione e realtà, a un film del 1974 diretto da Mario Monicelli: “Romanzo popolare”.

Questa piccola realtà, di 48 mq, volge lo sguardo verso quella che fu la cittadella sul Naviglio della Richard Ginori, (oggi riqualificata prevalentemente a terziario) dove, senza paura di essere smentiti, è possibile collocare la nascita della vita industriale in città.
Ora chiudete gli occhi, e provate a immergervi nella brumosa Milano popolare di quegli anni; la nebbia, le fabbriche, le anonime prestazioni di Inter e Milan, e una canzone bellissima, “Vincenzina e la fabbrica” nata dalla collaborazione tra Enzo Jannacci e Beppe Viola come colonna sonora (…zero a zero anche ieri ‘sto Milan qui, ‘sto Rivera che ormai non mi segna più…), mentre sognate di tornare a casa dopo un’impegnativa giornata di lavoro. Adesso riapriteli: la realtà occupa il posto della finzione.

Inizia il racconto. Le piccole dimensioni dei locali hanno imposto scelte drastiche, motivo per cui s’è reso necessario un intervento sulla prospettiva teso a regalare agli ambienti freschezza, essenzialità e luce, allo scopo di trasformare la casa in un bouquet di fiori.

Come? In primis fornendo un’immagine di pulizia. Prevalenza di bianco alle pareti che, in combinato con resine, smalto satinato e totale assenza di rivestimenti, assegna luminosità ai vani. Ai raffinati temi floreali delle moderne carte da parati “Wall & Decò” è toccato il compito di contaminare la purezza dell’appartamento.
A terra regna incontrastato un pavimento in cemento trattato, scelta che regala sobrietà (ricercata dalla committenza), resistenza e durata. L’illuminazione è stata affidata alle cure delle raffinate lampade “Panzeri” capaci di dispensare luci calde e diffuse, mentre gli ampi spazi verticali (3,50 metri d’altezza per questa casa d’epoca) sono stati ottimizzati, nell’open space “living-cucina”, grazie alla scelta di sospendere la libreria “Linea” della Lago abbinata ad alcuni moduli “36,8” in vetro satinato bianco, sempre disegnati da Lago.

La cucina a vista “Cesar” crea continuità con l’area living complice il supporto di gole verticali e orizzontali utili a conferire allo spazio essenzialità e geometrie. La presenza di pareti a specchio attribuisce agli spazi ridotti profondità, verticalità e respiro.
Il restyling, come anticipato giocato a tutt’altezza, ha permesso di ricavare anche un soppalco nicchia con posto letto per gli ospiti e un locale lavanderia.
Il bagno, griffato da pareti “Wall & Decò” e sanitari a terra “Flaminia”, è caratterizzato da un antibagno con lavabo a ciotola in cristallo e porte in vetro fumè “Albed”, opzione che permette alla luce d’irradiare anche gli spazi circostanti.

Durante la ristrutturazione è riemersa, a causa dell’opera di pulizia muraria, la prima carta da parati, datata anni ’20. La mente, correndo a ritroso, ci ha imposto una riflessione, una sosta nella memoria. Suggeriva, insistentemente, di non disperdere quel piccolo frammento di “patrimonio” storico.
Aveva ragione. Tant’è vero che quella porzione di parete s’è trasformata in testimonianza, reminiscenza, apparato iconografico del passato cui abbiamo assegnato dignità circoscrivendo quella inattesa “madeleine” con una cornice, alla stregua di un’opera d’arte, per non consegnarla all’oblio ma all’immortalità.

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